Guida in italiano

SALA 1

MONDO NOVO O PANTOSCOPIO: ampiamente usato dagli inizi del ‘700, il mondo novo era una cassetta di legno ornata con fregi e decorazioni e dotata di una lente attraverso cui era possibile osservare una sequenza di “vedute ottiche” con l’effetto “giorno-notte”. Si diffonde come forma di spettacolo popolare nelle piazze di tutta Europa, con l’obiettivo di intrattenere il popolo offrendo un “viaggio ottico”. La visione di scenari urbani spettacolari (piazze, palazzi, chiese, teatri…) appagava e alimentava il desiderio di conoscere luoghi lontani ampliando i limiti della conoscenza e dell’immaginazione, mentre il commento dell’imbonitore a supporto dell’immagine, creava un potente strumento informativo.

Le VEDUTE OTTICHE (premere la leva per alternare notte e giorno) sono stampe all’acquaforte colorate a mano, elaborate e preparate tramite intagli, perforazioni e applicazioni di cartine colorate trasparenti sul retro, per la visione con appositi apparecchi ottici, che ricreavano l’effetto notturno, rappresentando un importante passo verso lo spettacolo cinematografico.

Sono esposti:
Pantoscopio da piazza, metà ‘700: con vedute in sequenza azionate da cordicelle, per regalare allo spettatore un viaggio alla scoperta del “mondo novo” in 7 tappe. Il Mondo Novo è rappresentato in un’incisione della serie Le arti che vanno per via nella città di Venezia , inventate ed incise del Gaetano Zompini del 1754. Tra i vari mestieri ambulanti dell’epoca troviamo anche quella del nostro “imbonitore”.
Pantoscopio privato, metà ‘700: portatile, di produzione olandese. Il dispositivo è un mondo novo destinato ad uso privato, dotato di due oculari per una visione “in coppia”. Si chiude a soffietto per consentire un facile trasporto.
Pantoscopio con 6 oculari, metà ‘700: appartenuto alla nobile Famiglia Dolfin di Venezia. Questo Mondo Nuovo di rara bellezza proviene dalla Villa Dolfin-Boldù di Rosà, dove per secoli ha intrattenuto la nobile famiglia e i suoi illustri ospiti. Probabilmente voluto da Caterina Dolfin, come svago intellettuale, la struttura presenta elementi che ricordano un teatro cinquecentesco. L’interno è caratterizzato da un palcoscenico e un pavimento finemente cesellato. Raffinate statuine di legno coronano il teatrino donandogli un aspetto elegante e ricercato. Le vedute raccolte in rotoli, scorrevano una dopo l’altra grazie a un meccanismo che permetteva il loro svolgimento, mostrandole come un film.


MEGALETOSCOPIO “privilegiato”, seconda metà ‘800: un visore ingranditore che consentiva di osservare stampe fotografiche all’albumina, brevettato dall’ottico e fotografo veneziano Carlo Ponti tra il 1859 e il 1862. In  questo strumento le fotografie sono viste attraverso un sistema di lenti che creava un’illusione ottica di profondità e prospettiva. Come il “mondo novo” permetteva grazie a specchi posti sulle ante, di variare la direzione della luce che animava le stampe fotografiche dipinte e colorate sul retro.

SALA 2

Bacheca 1
Zogroscopio, 1830ca.: strumento ideato nel Settecento per ingrandire e osservare le vedute ottiche, munito di lente di ingrandimento e specchio riflettente posizionato a 45°.
Poliorama Panottico, 1850ca.: scatola ottica da tavolo, per la visione di stampe trasparenti a doppio effetto di luce, come un pantoscopio in miniatura.
Diorama teatrale, metà ‘700: modellino di carta inserito in apposito visore, di forma orizzontale o verticale, composto da un boccascena, cinque o sei fogli traforati e uno o due fondali intercambiabili che creavano un effetto tridimensionale. Rappresentano l’espressione della ricchissima inventiva figurativa, pittorica e scenografica della cultura barocca.
Peep-egg, 1850ca.: molto usato in epoca vittoriana, è un souvenir di alabastro decorato a forma di uovo, al cui interno si può osservare, attraverso una lente di ingrandimento, una serie di 3 vedute fotografiche ritoccate con colori e decorazioni, che cambiano girando i pomelli laterali.
Taumatropio, 1830ca.: gioco ottico inventato nel 1826 da J.A. Paris. È una dimostrazione semplice ed efficace della persistenza delle impressioni luminose sulla retina. Consiste in un cartoncino che reca sulle due facce due immagini diverse e complementari. Facendolo ruotare rapidamente sul proprio asse, per mezzo di due cordicelle, si ottiene l’effetto di integrazione delle due immagini.
Flick-book, 1930ca.: brevettato nel 1868, è uno dei primi esempi di “cartone animato”. L’applicazione del principio di persistenza delle immagini a una sequenza di alcune decine di foglietti, uno per ogni fase di un movimento, permette di vedere una scena animata a partire da disegni statici. Si tratta dello stesso principio di illusione di movimento alla base del cinema.
Anamorfosi, 1860ca.: tecnica usata dai pittori per dipingere su superfici curve, come le cupole nelle chiese, e successivamente applicata agli obiettivi di alcuni tipi di cineprese, si diffonde anche come gioco ottico. L’immagine, dapprima distorta e irriconoscibile, diventata proporzionata e regolare solo se osservata riflessa su di uno specchio cilindrico o conico.
Camera Chiara o Lucida, 2° metà ‘800: strumento inventato dal fisico Wollaston nel 1807, costituito da un prisma di vetro applicato sulla cima di un’asta che serviva a proiettare sul foglio sottostante l’immagine riflessa dell’oggetto da riprodurre posto dinanzi all’osservatore. Veniva utilizzato per il disegno dal vero.

Bacheca 2
Specchio di Claude (Dollond), 1° metà ‘800: strumento ottico portatile utilizzato da disegnatori e semplici turisti a partire dalla seconda metà del 1700. Sullo specchio, il paesaggio che si trovava alle spalle dell’osservatore, si rifletteva alterato da evocative tonalità pittoriche, che riportavano alle mente i dipinti di Claude Lorraine.
Specchio giapponese (o cinese), 2° metà ‘800 : specchio di bronzo che, quando illuminato, rifletteva con la superficie specchiante il disegno inciso sul lato opposto.
Coreutoscopio a banda, 1885ca.: meccanismo per lanterna magica inventato dall’inglese Beale nel 1866 e perfezionato da W.C. Hughes nel 1884. Si tratta di una banda di vetro raffigurante una danza macabra scomposta in sei immagini dipinte su fondo nero, inserita in un telaio metallico e collegata a un meccanismo a “croce di Malta”, con cui si ottiene l’avanzamento del soggetto con la stessa tecnica che verrà più tardi impiegata per la pellicola cinematografica.
Litofania, 1830ca.: sottile lastra di porcellana bianca decorata con un’immagine a rilievo che, osservata in trasparenza attraverso una fonte luminosa, rivela i delicati contorni. Il barone di Bourgoing brevettò la sua invenzione a Parigi nel 1827. Le litofanie furono usate come paralumi e talvolta sospese contro i vetri delle finestre.
Protean views, 1840ca: vendute da Spooner, a Londra, a partire dal 1840, sono delle stampe colorate che al variare dell’illuminazione, si trasformavano e si arricchivano di dettagli colorati, con effetti di trasparenza, come nel megaletoscopio. Per illuminarle sull’altro lato si poteva sfruttare la luce naturale di una finestra (chiedere al personale per l’accensione della luce posteriore)
Stanhopes, 1870ca.: all’apparenza semplici oggetti di uso quotidiano, sono in realtà dei visori per microfotografie contenute al loro interno (chiedere al personale per guardare da vicino una riproduzione)

Bacheca 3: dagherrotipi, stereoscopie, visori stereoscopici

Bacheca 4: lanterne magiche e proiettori “toy”

Bacheca 5 (riproduzioni funzionanti nella Sala 3)
Nella prima metà dell’800, i risultati delle ricerche sulla persistenza della visione, trovano applicazione in giochi ottici di grande successo come il fenachistoscopio e lo zootropio, basati entrambi sullo stesso principio di funzionamento. Consentendo la visione di una sequenza veloce e intermittente di immagini, creano nella mente dell’osservatore l’illusione del movimento.

Il fenachistoscopio, ideato da Plateau nel 1833, è composto da un disco di cartone dotato di fessure e illustrato con una progressione di immagini che presentano una leggera differenza rispetto alla precedente. Facendolo ruotare attorno ad un perno e osservando le immagini riflesse in uno specchio attraverso le fessure, la successione veloce produce il movimento apparente dei disegni. Lo zootropio venne inventato da William George Horner nel 1834 ed è un cilindro aperto sulla cui parete, intervallata da fessure, viene posizionata una banda di cartone con una stessa figura disegnata in momenti successivi: facendo girare il cilindro, attraverso le fessure si riesce a vedere l’animazione del soggetto raffigurato. Con il praxinoscopio, brevettato nel 1877, Emile Reynaud, pioniere dell’animazione, sviluppa lo zootropio impiegando un prisma di specchi al posto delle fessure, catturando così più luce e ottenendo un movimento più fluido. Qualche anno dopo, inventerà il “teatro ottico”, unione di praxinoscopo e lanterna magica, riuscendo così a proiettare i primi cartoni animati della storia.
Diorama di Daguerre (riprodotto in scala): nell’800, vengono ideate nuove forme di spettacolo basate sull’impiego di immagini di formato panoramico, che cercano di coinvolgere tutti i sensi dello spettatore. Daguerre presentò per la prima volta a Parigi,  nel 1822, il Diorama (riprodotto in scala), grande edificio circolare, in cui immense tele con vedute dipinte, venivano animate da effetti di luce, suoni e colori, simulando condizioni atmosferiche come temporali, albe e tramonti.
STEREOSCOPIO: nel 1844 David Brewster costruì un visore dotato di due lenti, per l’osservazione contemporanea di una coppia di fotografie scattate da due punti di vista leggermente diversi. Tale modalità di visione consentiva la percezione della tridimensionalità. Questa tecnologia prometteva di trasmettere le stesse sensazioni della realtà ed ebbe grande impiego e successo in tutto il mondo.

LANTERNA MAGICA: essendo il primo dispositivo per la proiezione, la lanterna magica rappresenta il vero antenato del cinema. Sfruttando i principi ottici della camera oscura, ma operando con la modalità inversa, le immagini dipinte sui vetri da proiezione posti tra la fonte di luce inserita all’interno dello strumento e le lenti dell’obiettivo, venivano proiettate all’esterno, fortemente ingrandite. L’invenzione venne inizialmente diffusa dal gesuita tedesco Athanasius Kircher che presentò i suoi esperimenti di proiezione nella sua opera ”Ars magna lucis et umbrae” del 1646. Nel corso degli anni la lanterna venne impiegata in vari contesti pubblici o privati, didattici o d’intrattenimento, specialmente negli spettacoli ambulanti ad opera dei Savoiardi. Come per il “mondo novo”, parte integrante dello spettacolo era il racconto dell’imbonitore a commento delle scene proiettate. Nell’Ottocento aumenta la varietà degli spettacoli e le lanterne magiche diventano sempre più elaborate e performanti. Ne esistono di vari tipi: singola, usata soprattutto in ambito familiare; la doppia e la tripla, utilizzate per i grandiosi spettacoli nei teatri; la toy, costruita per intrattenere i bambini. Un’importante funzione era rivestita dalla lanterna scientifica utilizzata in ambito universitario per la proiezioni di piante e organismi sezionati.

SALA 3 


CAMERA OSCURA (riproduzione della “camera ottica” di Canaletto): a partire dal ‘500, l’occhio umano assume un sempre più alto valore conoscitivo e la camera oscura, che ne simula il funzionamento, diventa uno strumento fondamentale per l’osservazione della realtà. Una scatola di legno, cattura la luce che entra attraverso un foro dotato di lente, mentre lo specchio inclinato di 45 gradi al suo interno riflette la stessa luce su un piano di vetro opaco che permette di osservare la realtà come se fosse un film. I pittori di vedute, come il grande Canaletto, ricalcavano su carta trasparente l’immagine mostrata dal vetro, per poi trasferire questi dettagliati schizzi in spettacolari dipinti. Le ricerche di Niepce e Daguerre sulla fotosensibilità dei materiali, applicate ai principi della camera oscura, porteranno alla nascita del primo procedimento fotografico (vedere Bacheca 3), brevettato da Louis Daguerre nel 1839. La cosiddetta dagherrotipia, consentiva di fissare le immagini direttamente su lastre di rame argentate in superficie, rese sensibili esponendole nell’oscurità a vapori di iodio. Il procedimento non consentiva di riprodurre copie delle immagini così ottenute, che restavano esemplari unici, come un dipinto. Nel giro di pochi anni, le lastre fotografiche si affermano sul mercato in modo massiccio con un repertorio didattico e ricreativo, riprendendo i temi dei vetrini da proiezione dipinti. La tecnica venne infatti subito impiegata per realizzare vetrini fotografici (esposti in Sala 2): immagini in bianco e nero, colorate poi a mano, spesso realizzate in studio con scenari costruiti come i futuri set cinematografici.

TEATRO D’OMBRE (un esempio di teatro orientale si trova alla fine del percorso di visita, nella Sala 3): l’ombra ebbe fin dall’antichità un valore simbolico per la sua immaterialità e per la dimensione onirica ricreata nel “teatro d’ombre”. Nell’isola di Java, gli spettacoli avevano una grande importanza pubblica, incominciavano al tramonto per poi protrarsi fino all’alba e venivano officiati dal dalang, il maestro delle rappresentazioni, che manovrava le figure dietro a sari di seta prestando la propria voce e commentando le azioni con l’accompagnamento di alcuni strumenti a percussione. Il teatro d’ombre dall’Estremo Oriente si diffuse in Europa nella metà del ‘700, quando alcuni missionari francesi portarono questa forma di spettacolo in Francia e nel 1776 venne presentato il primo spettacolo di Dominique Séraphin. Divenne subito una forma di intrattenimento molto apprezzata e si radicò in Francia al punto di creare una forma particolare detta “ombre francesi”. Le ombre in Francia vennero denominate “silhouettes” ed erano figure ritagliate in cartone o in zinco, opache e nere, riproducenti i profili caricaturali dei vari personaggi. Alla fine dell’800, a Parigi, il Cabaret du Chat Noir, a Montmartre, offrirà al pubblico di artisti e bohemiens, spettacolari serate. con il suo ben noto teatro d’ombre.

STRUMENTI MUSICALI: tutti gli spettacoli e le proiezioni messe in scena, sia nei luoghi della collettività sia in ambito familiare, erano solitamente accompagnati da una colonna sonora suonata dal vivo. Spesso gli strumenti musicali utilizzati erano dotati di un meccanismo per la riproduzione automatica delle melodie. Tra quelli più usati per accompagnare le immagini proiettate con la Lanterna Magica, c’era la ghironda, strumento di origine medievale, usato soprattutto durante gli spettacoli popolari e itineranti dei Savoiardi, il cui suono era generato da corde strofinate da un disco; l’armonium, un organo portatile la cui musica veniva associata alle immagini di natura moraleggiante proiettate nelle chiese; il pianoforte veniva adoperato durante spettacoli nelle sedi fisse, nei teatri o nelle sale adibite alla proiezioni.